Sulle tracce di Enzo G. Baldoni – parte terza

Plazoleta el Chorro de Quevedo, La Candelaria, Calle 2 # 12 

La Plazoleta non è esattamente il posto che mi aspetterei di trovare nel luogo di fondazione di una capitale come Bogotà.

Ponendosi al centro della piccola piazza sia ha come l’impressione di osservare qualcosa di diviso, di non organico. Verso la Calle 12 una chiesetta coloniale ben conservata, con il basso campanile bianco e gli infissi e le porte di un forte verde scuro, che ben si inserisce sul rosso terra del pianterreno; due casette la guardano, con mattoni a vista e inferriate di legno che sporgono come ornamenti dalle finestre ed i tetti ormai concavi sotto il peso delle tegole sulle vecchie travi. Sul lato delle Calle 13 un palazzo in cemento figlio degli anni settanta, con le terrazze laterali coperte da tetti di plexiglas o lamiera; quasi a proteggerlo (e a donare un senso di circolarità alla piazza, altrimenti chiusa dalla sua facciata piatta di un giallino sporco) gli si erge davanti una costruzione semicircolare di otto colonne quadrate: le cinque aperture centrali sono divise orizzontalmente aprendo cinque finestre con una rigida strombatura e senza un visibile senso. Tra la prima e la seconda colonna, lasciata a mo’ di porta, si apre lo sguardo su due orrendi condomini lontani sullo sfondo, mentre stradina buia e confortevole di tetti bassi scivola a sinistra, tra piccoli negozi di artigianato e bar colorati, fino a due scuole di belle arti.

Sul colonnato un acrobata in ferro sta facendo i suoi numeri con le clave in sella ad un monociclo, quasi a simboleggiare il difficile equilibrio in cui si trova la bellezza a Bogotà: bellezza di costruzioni, di storie, di volti.