Sulle tracce di Enzo G. Baldoni – parte quarta

Café Pasaje, Plazoleta del Rosario

Il Cafè Pasaje lo immaginavo decisamente diverso: pensavo a piccoli accomodanti tavolini all’aperto, magari inserito in un palazzo ottocentesco a due piani. Invece è un caffè alquanto anonimo, con troppi tavoli, troppe sedie, troppe foto alle pareti. Queste ultime poi, sono curiose: il lato al quale siedo è tappezzato di locandine turistiche colombiane, dalla Cattedrale di Sale a Cartagena, dalle piante di caffè del sud del paese alle banane del nord; l’altro lato mostra una ricostruzione fotografica degli attentati dell’11 settembre, con tanto di corpo in caduta libera e momenti del crollo. A campeggiare sul soffitto una grande bandiera americana, vicino a quella colombiana ed alla più internazionale bandiera della birra Heineken.

Penso che un caffè così si possa trovare ovunque nel mondo, ma questo sembra mantenere un forte carattere popolare: lo intuisco dalle facce differenti che ho vicino, dai differenti odori che sento, dai cappotti lisi portati da figure che ricordano i personaggi di qualche film degli anni Sessanta. Si, in fondo potrebbe proprio essere un bar italiano degli anni Sessanta: c’è persino un grande poster di una pizza margherita, con tutti gli ingredienti ben disposti attorno, e una vecchia macchina da caffè Gaggia, quelle con le lunghe leve verticali a aprire il flusso d’acqua.

La pubblicità della birra che sto bevendo me lo dice chiaramente: Las mejores cosas de la vida toman tiempo. Come Baldoni dodici anni fa leggo Alvaro Mutis – anche se preferisco la poesia alla prosa – e guardo i campanelli di persone al di la del vetro su Plazoleta del Rosario: qui non sembra possa essere cambiato molto.