Appunti misti e angosciati

Mio nonno Luigi, padre di mia madre, fu ferito sul fronte orientale, e rimpatriato in Italia. Da quel poco che so, un compaesano di San Lorenzo in Banale l’aveva visto ferito in battaglia, e se lo era caricato sulle spalle portandolo nelle retrovie. Era il 5 novembre 1941. Il 79. Reggimento di Fanteria Divisione Pasubio stava provando ad aprirsi la strada verso sud-est, è trovò la resistenza dei corpi d’armata sovietici, attorno alla città di Horlivka, nel territorio dell’attuale Ucraina. Da Horlivka sono fuggiti molti dei miei ex-colleghi, amici e amiche ucraine, nel 2014, dopo che la città era rimasta nel controllo dei separatisti filo-russi e era stata bombardata, con tutta probabilità, dall’esercito ucraino. Si erano poi stabiliti a Sloviansk, e lì si erano ricostruiti a fatica una vita, anche lavorando nel settore umanitario. A Sloviansk ci siamo conosciuti.

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Avrei voluto raccontarla meglio, questa riscoperta famigliare di un parallelo storico. Avrei voluto raccontarla nella cornice di un lieto fine.

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Un’amica ucraina mi dice che, con la sua famiglia, è andata in una località sicura vicino a Sloviansk. È lo stesso luogo in cui aveva trovato rifugio nel 2014, scappando da Horlivka, e dove era rimasta con la sua famiglia per qualche mese. È un posto turistico, in tempo di pace. Ora sembra poter essere un po’ più sicuro del resto delle località, perché storicamente è un posto legato al passato sovietico e considerato filo-russo. Io penso ai compromessi enormi, alle scelte penose, a cui sono costretti ora i civili, per ritagliarsi un qualche tipo di sicurezza.

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Ieri, nell’inutile, angosciante leggere di notizie, mi sono chiesto cosa farei io, se quanto sta succedendo in Ucraina capitasse in Italia. Non ho mai avuto alcun spirito patriottico – ma qui non si parla solo di difesa della patria. Se qualcuno mi dovesse dire che l’Italia è un’invenzione storicamente inaccurata, gli direi che probabilmente ha ragione – tutti gli Stati sono invenzioni storicamente inaccurate. Se qualcuno dovesse dirmi che non ho il diritto a sentirmi e definirmi italiano, gli direi che le identità sono decisioni personali e collettive, e che non possono essere forzate. Se qualcuno dovesse insistere, e privarmi di un pezzo della mia identità, resisterei.

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Ho letto e visto varie notizie e video, tra ieri e oggi, forse troppi. In un video, un gruppo di ragazzi ucraini poco più che ventenni imbracciavano coraggiosi il loro fucile, e si dichiaravano pronti a combattere l’invasore con tutti i mezzi. Sono scoppiato a piangere alla fine del video, pensando che con tutta probabilità non avrebbero resistito che qualche minuto al combattimento, e sarebbero stati tutti uccisi. C’è il timore che l’esercito ucraino, se dovesse resistere, potrebbe procedere con un reclutamento obbligatorio di tutti i civili, presumibilmente di sesso maschile, abili a combattere. Sembra che armi siano già state distribuite alla popolazione civile. Mentre scrivo sembra che il ministro dell’interno ucraino stia condividendo informazioni su come preparare una bomba moltov, quelle fatte con una bottiglia di vetro, della benzina, olio e una miccia di carta. La storia è piena di civili di grande coraggio e ideale che si sono improvvisati militari, e sono morti.

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Mi viene in mente Kapuscinski, La prima guerra del futbol. Non ho con me il libro e vorrei averlo. Mi viene in mente per due motivi: per la storia di Chato Peredo e del suo reparto partigiano in Bolivia di 75 ragazzi improvvisati militari, sterminati da fame e malattie nella foresta; per la guerra del futbol, tra Honduras e Salvador, con soldati che si ammazzavano parlando la stessa lingua. Ieri la base militare ucraina posta sull’Isola dei Serpenti, nel mar Nero, è stata attaccata da un nave russa: prima di lanciare l’attacco, il comandante della nave russo ha intimato, in russo, la resa. I quattro soldati ucraini a difesa della base, in russo, lo hanno mandato affanculo. Sono tutti morti, e saranno eroi della patria.

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È forse il giorno più catastrofico e preoccupante della mia vita. Ho l’impressione che tante delle cose che ho studiato, vissuto, nelle quali ho creduto, siano a un punto di rottura storica. Certamente è uno dei giorni più catastrofici e preoccupanti della vita di tante persone a Kyiv, a Lviv, a Kharkov, a Mariupol, a Sloviansk. Sono seduto in un caffè di Amman: è venerdì, le strade sono poco trafficate come al solito in concomitanza con la preghiera del venerdì, piove, e tutto sembra così terribilmente normale.

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Mi chiedo cosa pensi Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, che fino a cinque anni fa era una star della televisione, un attore comico, e oggi è braccato dalle truppe della Federazione Russa come fosse il peggior criminale della storia. Forse che la vita può essere veramente strana.